Rappresentanze sindacali per la sicurezza

Il D.Lgs. 81/08 opera una sorta di compromesso tra le diverse opzioni emerse nel dibattito che lo ha preceduto, in relazione all’individuazione delle rappresentanze sindacali per la sicurezza.

Il legislatore, inizialmente, la prassi applicativa e la giurisprudenza maggioritaria facevano coincidere le rappresentanze per il controllo dell’applicazione delle norme di sicurezza con le rappresentanze sindacali aziendali di cui all’art. 19 della L. n. 300 del 1970. Il decreto in commento ha confermato la volontà del legislatore nazionale di attribuire la rappresentanza dei lavoratori in materia di sicurezza ad organismi di natura sindacale.

Compiti

Compito delle rappresentanze sindacali unitarie, come soggetti negoziali è dunque di sottoscrivere un accordo con l’azienda sulla sicurezza volto alla ricerca di soluzioni comuni, a garantire il miglior funzionamento possibile del sistema e alla risoluzione dei problemi complessi.

Scopo della contrattazione e della trattativa è dunque lavorare per la soluzione migliore per il sistema nel suo complesso.

Campo di applicazione

La prassi e la dottrina prevalente avevano fatto coincidere le rappresentanze per il controllo dell’applicazione delle norme di sicurezza con le rappresentanze sindacali aziendali di cui all’art. 19 della L. n. 300 del 1970. Con il D.Lgs. 81/08 si è confermata la volontà del legislatore nazionale di attribuire la rappresentanza dei lavoratori in materia di sicurezza ad organismi di natura sindacale.

Il legislatore distingue due aree applicative, la prima con riguardo alle unità produttive che occupano fino a 15 dipendenti, la seconda relativa alle unità produttive con un numero di dipendenti pari o superiore a 16.

Nelle aziende con più di quindici dipendenti il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza è eletto nell’ambito delle rappresentanze sindacali in azienda (art. 47, co. 4 del D.Lgs. 81/08). Solo in assenza di tali rappresentanze (art. 47, co. 4) e nei casi di aziende o unità produttive che occupano meno di sedici dipendenti il rappresentante per la sicurezza è eletto direttamente dai lavoratori al loro interno. La prassi ricorrente segnala la tendenza a ricondurre il rappresentante per la sicurezza nell’alveo delle rappresentanze sindacali unitarie. Ciò al fine di mantenere un canale unico di rappresentanza. Infatti gli elementi che caratterizzano il rappresentante per la sicurezza rispetto alla figura prevista dall’art. 9 della L. 300/70 sono la previsione di diritti e facoltà che gli vengono attribuite che realizzano lo scopo partecipativo voluto sia dal legislatore nazionale che comunitario.

 

CASO PRATICO

Ci si interroga in merito alla corretta interpretazione dell’art. 47, co. 4, del D.Lgs. n. 81/2008.

In particolare l’istante chiede di sapere “[…] se per le imprese con più di 15 lavoratori sia consentita l’elezione o la designazione del Rappresentante dei Lavoratori per la Sicurezza esclusivamente tra i componenti delle Rappresentanze Sindacali Aziendali, o se diversamente l’elezione possa riguardare anche lavoratori non facenti parte delle Rappresentanze Sindacali Aziendali (ferma restando la designazione in caso di mancato esercizio del diritto di voto)”.

In merito al quesito posto, occorre rilevare che la scelta operata dal legislatore, per le aziende o unità produttive con più di 15 lavoratori, è quella di individuare il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza nell’ambito delle rappresentanze sindacali aziendali.

Tanto premesso, come espressamente previsto dall’art. 47, co. 4 secondo periodo, del decreto in parola l’eleggibilità del rappresentate, fra i lavoratori non appartenenti alle RSA, opera esclusivamente laddove non sia presente una rappresentanza sindacale a norma dell’art. 19 della Legge 300/70.

Si precisa che la scelta operata dal legislatore, per le aziende o unità produttive con più di 15 lavoratori, è quella di individuare il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza nell’ambito delle rappresentanze sindacali in azienda, nelle diverse forme che non si esauriscono in quelle di cui all’art. 19 dello Statuto dei Lavoratori, demandando la regolamentazione delle modalità di elezione o designazione alla contrattazione collettiva di riferimento, che attualmente trova attuazione in numerosi accordi interconfederali nazionali che regolano la rappresentanza ai sensi del D.Lgs. n. 81/2008.

Inoltre, come espressamente previsto dall’art. 47, co. 4 secondo periodo, del decreto in parola l’eleggibilità del rappresentante, direttamente fra i lavoratori dell’azienda, opera esclusivamente laddove non sia presente una rappresentanza sindacale in azienda, in una delle diverse forme suddette.

Elezione e nomina

Le procedure per l’elezione o designazione del rappresentante per la sicurezza sono definite dal CCNQ 10/7/1996. In particolare all’atto della costituzione della RSU il rappresentante per la sicurezza viene indicato tra i candidati proposti per le RSU e la procedura è quella prevista per l’elezione della RSU. Nell’ipotesi in cui sia già presente un RSU entro trenta giorni dall’accordo il rappresentante per la sicurezza è designato dai componenti delle RSU al loro interno. Nel caso in cui la RSU non fosse ancora costituita e nelle unità produttive siano operative invece le RSA il rappresentante per la sicurezza è eletto dai lavoratori al loro interno secondo le procedure di cui all’art. 19 della L. n. 300/1970.

Ai rappresentanti per la sicurezza eletti in mancanza di RSU spettano, per l’espletamento delle attribuzioni di cui all’art. 19 della L. n. 300/1970, permessi retribuiti pari a 40 ore.

Se invece vi è compresenza sia di RSU che di RSA, l’elezione del rappresentante per la sicurezza avviene mediante la designazione con liste separate e concorrenti a suffragio universale e a scrutinio segreto.

CASO PRATICO

Esaminiamo il caso dell’Unione Sindacale di Base (USB) dei Vigili del Fuoco. Infatti in seguito al “passaggio del Corpo nazionale dei Vigili del Fuoco al regime di diritto pubblico” si sarebbe prodotto un vulnus alle prerogative sindacali in materia di salute e sicurezza in quanto, in ragione della sopravvenuta impossibilità di operare delle Rappresentanze Sindacali Unitarie, “il Dipartimento dei Vigili del Fuoco non ritiene più validi gli RLS nominati all’interno delle RSU”. Inoltre, l’Amministrazione non “riconoscerebbe” i Rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza (RLS) successivamente nominati – ai sensi dell’art. 47, co. 4, del D.Lgs. n. 81/2008 – non sottoponendoli, tra l’altro, alla prescritta formazione. Sempre l’Amministrazione considererebbe decaduti i RLS una volta trascorsi tre anni dalla loro nomina.

Tanto premesso, ci si chiede al riguardo se “la nomina del Rappresentante dei Lavoratori per la Sicurezza è soggetta a scadenza o rinnovo e, in caso positivo, dopo quanto tempo vanno rinominati”.

In via preliminare, si ritiene opportuno puntualizzare che la risposta viene resa sui soli aspetti di ordine generale della domanda, relativi alla vigente disciplina che regolamenta le prerogative dei RLS, senza alcuna volontà di entrare nel merito delle situazioni prospettate nella premessa.

Tanto premesso, le questioni poste devono essere esaminate alla luce delle norme di legge che regolano le modalità di istituzione del RLS e di funzionamento delle relative prerogative.

Tale normativa, in attuazione del criterio fissato nella legge delega (art. 1, lett. g), Legge n. 123 del 2007), è volta ad assicurare la presenza del RLS in ogni luogo di lavoro in base a principi inderogabili di legge e per mezzo di un ampio rinvio alla regolamentazione contrattuale quanto alle modalità di elezione o designazione del RLS e alle prerogative del medesimo. Infatti, l’art. 47, co. 1, del D.Lgs. n. 81/2008 dispone che “il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza è istituito a livello territoriale o di comparto, aziendale e di sito produttivo” e il successivo co. 5 affida alla “contrattazione collettiva” il compito di determinare il numero, le modalità di designazione o di elezione dei RLS.

Con specifico riferimento alle aziende o unità produttive con più di 15 lavoratori, il co. 4 dell’art. 47 del D.Lgs. n. 81/2008 specifica che il RLS: “[…] è eletto o designato dai lavoratori nell’ambito delle rappresentanze sindacali in azienda. In assenza di tali rappresentanze, il rappresentante è eletto dai lavoratori della azienda al loro interno”.

La regolamentazione della figura del RLS da parte dell’art. 47 del D.Lgs. n. 81/2008 è completata:

– dal co. 6, che prevede un D.M., ad oggi non emanato, che individui la giornata nazionale per la salute e sicurezza sul lavoro nella quale, salvo diverse previsioni di contratto collettivo, vanno eletti i RLS aziendali, territoriali o di comparto;

– dal co. 7 che individua il numero minimo – inderogabile da parte contrattuale – dei RLS tenendo conto delle dimensioni delle aziende o unità produttive;

– dal co. 8 il quale dispone che in caso di mancata effettuazione delle elezioni di cui ai commi 3 e 4, “le funzioni di rappresentante dei lavoratori per la sicurezza sono esercitate dai rappresentanti di cui agli artt. 48 e 49, salvo diverse intese tra le associazioni sindacali dei lavoratori e dei datori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale”.

Quanto alle attribuzioni dei RLS (anche se territoriali o di sito produttivo), esse sono specificamente individuate all’art. 50 del D.Lgs. n. 81/2008.

Dal quadro complessivo appena delineato si evince, con riferimento al contesto di cui alla richiesta (azienda con più di 15 lavoratori), che le modalità di elezione o designazione del RLS dovranno essere oggetto di regolamentazione dalla contrattazione collettiva di riferimento per l’azienda. Ove tale contrattazione non sia ancora esistente e la precedente abbia superato i propri termini di efficacia è nostra opinione che continui ad operare la precedente disciplina contrattuale in regime di ultrattività. Ciò per evitare che, per ritardi nella contrattazione (che potrebbero anche, ad esempio, essere strumentali ad opera di qualcuna delle parti), i lavoratori risultino privi della loro rappresentanza in materia di salute e sicurezza sul lavoro; presenza, si ripete, che il D.Lgs. n. 81/2008 prevede espressamente.

Di conseguenza, i RLS il cui “mandato” sia scaduto, perché riferito ad una contrattazione collettiva a sua volta scaduta, potranno continuare a svolgere legittimamente le proprie funzioni di rappresentanza, con conseguente applicazione nei loro riguardi delle disposizioni del D.Lgs. n. 81/2008 in materia di consultazione e partecipazione dei lavoratori (Titolo I, Capo III, Sezione VII). Ciò, beninteso, fino a quando non intervenga la successiva regolamentazione contrattuale e, quindi, in base ad essa si proceda a una nuova elezione o designazione di RLS.

Ove, come nel caso di specie (da considerarsi peculiare in quanto consistente in una situazione – di particolare complessità – di passaggio da una regolamentazione complessiva di matrice privata a una di tipo pubblico), manchino le Rappresentanze sindacali aziendali, i lavoratori potranno direttamente eleggere i RLS in azienda. Ai RLS eletti all’esito della scelta direttamente operata da parte dei lavoratori si applicherà la normativa di legge (Titolo I, Capo III, Sezione VII del D.Lgs. n. 81/2008) ed essi svolgeranno le proprie funzioni fino a quando non intervenga la contrattazione aziendale e quindi, in base ad essa, si proceda a una nuova elezione o designazione dei RLS.

NOTA: Le RSU (Rappresentanze Sindacali Unitarie) sono l’organismo di rappresentanza dei lavoratori sui luoghi di lavoro. Nascono per iniziativa dei tre sindacati confederali Cgil, Cisl e Uil, mediante un accordo interconfederale nel 1991 e vengono successivamente riconosciute istituzionalmente da protocolli d’intesa tra governo e parti sociali, in primis quello del 23 luglio 1993. Storicamente, è la L. 300/70 Statuto dei lavoratori che codifica il diritto alla rappresentanza sui luoghi di lavoro.

ATTENZIONE: Ai sensi dell’art. 19 Statuto dei lavoratori si può definire la rappresentanza sindacale aziendale come qualunque tipo di organizzazione attraverso cui il sindacato è presente nell’azienda, purché derivi dall’iniziativa dei lavoratori ed abbia qualificazione sindacale cioè sia riferibile alla struttura sindacale.

GIURISPRUDENZA: La fattispecie del comportamento antisindacale di cui all’art. 28 dello statuto dei lavoratori presuppone l’esistenza di una condotta antisindacale del datore di lavoro, caratterizzata da una componente oggettiva di contenuto non predeterminato, e da un elemento soggettivo, che assume essenziale rilievo e postula l’intenzione del datore di lavoro di frustrare la libertà e l’attività sindacale, pur non ponendosi il comportamento del datore stesso in diretto contrasto con specifiche norme imperative destinate a tutelare l’esercizio della libertà e delle attività sindacali, ma integrando, per converso, in via immediata, la violazione di disposizioni della parte normativa di un contratto collettivo destinate a operare direttamente sul piano dei rapporti tra datore di lavoro e lavoratori (nell’affermare il principio di diritto che precede, la Suprema Corte ha, nella specie, ritenuto lesivo di prerogative sindacali riconosciute dalla contrattazione collettiva per gli addetti all’industria metalmeccanica privata -con conseguente legittimità della costituzione in giudizio del sindacato ex art. 28 citato- la mancata comunicazione alle Rsu della decisione dell’imprenditore di far ricorso al lavoro straordinario, con specificazione del numero dei lavoratori interessati, del nome degli stessi, di quelli che avevano superato le quote esenti e di altre informazioni pertinenti, nonché il rifiuto opposto dall’impresa alla richiesta di prendere visione, da parte delle dette Rsu, del registro infortuni). (Corte di Cassazione Sezione Lavoro Civile, Sentenza del 7 marzo 2001, n. 3298).

In tema di sicurezza nei luoghi di lavoro, la prescrizione di cui all’art. 28 lett. d), D.Lgs. 9 aprile 2008, n. 81 – che impone, per le ipotesi complesse, non solo la previsione delle misure prevenzionali ma anche la individuazione delle procedure da seguire per la loro attuazione e dei ruoli dell’organizzazione aziendale che vi debbono provvedere – era operante anche sotto la vigenza della precedente normativa di cui all’art. 4, D.Lgs. 19 settembre 1994, n. 626, dovendosi ritenere che la norma già contemplasse tale procedimentalizzazione ove resa necessaria dalla natura stessa della misura prevenzionale, restando fuori dalla previsione normativa esclusivamente la necessità di individuazione delle soggettive competenze da coinvolgere. (Cassazione penale, sez. IV, 26/11/2015,  n. 4347).

In tema di prevenzione degli infortuni, il datore di lavoro ha l’obbligo di analizzare e individuare con il massimo grado di specificità, secondo la propria esperienza e la migliore evoluzione della scienza tecnica, tutti i fattori di pericolo concretamente presenti all’interno dell’azienda, avuto riguardo alla casistica concretamente verificabile in relazione alla singola lavorazione o all’ambiente di lavoro, e, all’esito, deve redigere e sottoporre periodicamente ad aggiornamento il documento di valutazione dei rischi previsto dall’art. 28 del D.Lgs. n. 81 del 2008, all’interno del quale è tenuto a indicare le misure precauzionali e i dispositivi di protezione adottati per tutelare la salute e la sicurezza dei lavoratori. (Cassazione penale, sez. IV, 10/03/2016, n. 20129).

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