Interpello n. 1/2025 del Ministero del Lavoro
📘 OGGETTO DELL’INTERPELLO
Federdistribuzione ha richiesto al Ministero del Lavoro se, nel caso in cui un datore di lavoro con più di 250 dipendenti intenda chiudere due distinte unità produttive – una con più di 50 e una con meno di 50 dipendenti – debba applicare la procedura di cui alla L. 234/2021 anche alla seconda unità, o se possa invece attivare per essa direttamente la procedura di licenziamento collettivo ex L. 223/1991.
⚖️ QUADRO NORMATIVO DI RIFERIMENTO
1. Legge 30 dicembre 2021, n. 234 – commi da 224 a 237-bis
Introduce una disciplina speciale in caso di chiusura definitiva di sedi, stabilimenti, uffici o reparti autonomi da parte di datori di lavoro con:
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Almeno 250 dipendenti mediamente occupati nell’anno precedente;
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Licenziamento conseguente di almeno 50 lavoratori.
La procedura obbliga il datore a:
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Presentare un piano per limitare gli impatti occupazionali;
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Confrontarsi con le OO.SS., il Ministero del Lavoro e il MIMIT;
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Rispettare termini, comunicazioni e fasi procedurali specifiche.
2. Legge 23 luglio 1991, n. 223
Norma generale che disciplina i licenziamenti collettivi, da applicarsi nei casi di riduzione o trasformazione dell’attività aziendale.
🧩 POSIZIONE DEL MINISTERO
Il Ministero afferma che:
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La disciplina della L. 234/2021 si applica qualora il datore soddisfi il requisito dimensionale (oltre 250 dipendenti) e si verifichi, in almeno una unità, un licenziamento ≥ 50 unità.
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Anche se l’altra unità ha meno di 50 lavoratori, non è consentito scindere le procedure.
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La ratio della norma impone che, se il contesto aziendale è unico, con decisioni simultanee di dismissione, la procedura ex L. 234/2021 prevalga integralmente, evitando segmentazioni strumentali.
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Si richiama inoltre il principio di unitarietà del datore di lavoro nella scelta dei criteri di licenziamento (Corte di Cassazione, sent. n. 18215/2024), coerente con l’art. 5 L. 223/1991 e con l’obbligo di repechage (L. 604/1966).
🧠 COMMENTO TECNICO-GIURIDICO
✅ Aspetti positivi
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L’interpello valorizza il criterio sostanziale e non meramente formale: ciò che rileva non è la dimensione isolata della singola unità, ma il quadro complessivo delle cessazioni.
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L’approccio adottato evita frammentazioni procedurali, che potrebbero aggirare la normativa e indebolire le tutele dei lavoratori.
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Rafforza l’impostazione costituzionalmente orientata: tutela del lavoro (art. 1, 4, 35 Cost.), ragionevolezza (art. 3 Cost.) e non discriminazione tra lavoratori riconducibili allo stesso datore.
⚠️ Profili critici e applicativi
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Il Ministero esclude esplicitamente qualsiasi percorso alternativo (es. procedura ex L. 223 solo per l’unità <50), anche se, sul piano strettamente letterale, la norma sembrerebbe applicarsi “per sede” e non necessariamente all’intero gruppo aziendale.
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Il riferimento ai criteri di scelta unificati può generare controversie in caso di fungibilità non chiara tra i lavoratori delle diverse unità.
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Potrebbero sorgere rischi di contenzioso se l’impresa sostenesse che le due dismissioni sono autonome e non contestuali, anche temporalmente.
📌 CONCLUSIONI OPERATIVE
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Se un datore di lavoro con oltre 250 dipendenti intende chiudere più unità, e in almeno una si superano i 50 licenziamenti, deve applicare la procedura ex L. 234/2021 all’intero processo, senza frazionamenti.
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Non è possibile trattare le singole unità con soglie diverse come procedimenti autonomi per eludere la disciplina speciale.
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È necessario un approccio unificato, coerente con la finalità di protezione rafforzata dei lavoratori in caso di cessazioni aziendali di rilievo.
interpello-n-1-del-27-gennaio-2025