Interpello n. 1 / 2018

Commissione per gli interpelli in materia di salute e sicurezza sul lavoro
(articolo 12 del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81)

Oggetto: Art. 12, d.lgs. n. 81/2008 e successive modifiche ed integrazioni – risposta al quesito relativo agli obblighi di cui all’art.18, comma 1, lettera b), del d.lgs. n. 81/2008 e al D.M. 10 marzo 1998, per un datore di lavoro che svolga le proprie attività esclusivamente presso unità produttive di un datore di lavoro committente – seduta della Commissione del 14 febbraio 2018.

L’ANIP, su segnalazione di una propria Associata che, erogando servizi a soggetti committenti, “si trova nella condizione di non avere la disponibilità giuridica ed esclusiva dei luoghi in cui si svolge l’appalto, ma utilizza locali della Committenza (spogliatoi, magazzini, uffici) e soprattutto eroga i servizi in tutti gli ambienti (reparti, hall, corridoi, stanze, spazi esterni, uffici, ambulatori, laboratori, officine, ecc.)”, ha richiesto alla Commissione un parere formale sui tre quesiti che seguono:
“1) Per un DL che svolge le proprie attività esclusivamente presso unità produttive del DL Committente, l’obbligo imposto dall’art.18, comma 1, lettera b), del D.lgs. 81/2008 può ritenersi assolto attraverso la presa d’atto che il DL committente ha predisposto un PGE che coinvolge anche eventuali lavoratori di Aziende terze?
2) Le sue squadre di emergenza e primo soccorso possono considerarsi sufficienti per tutelare tutti i Soggetti, anche Appaltatori, presenti nei suoi luoghi di lavoro?
3) La presa d’atto che il DL committente ha predisposto un PGE che coinvolge anche eventuali lavoratori di Aziende terze, e ha nominato le squadre di emergenza e primo soccorso, potrebbe avvenire nell’ambito delle misure di cooperazione e coordinamento già previste all’art. 26 del T.U. Sicurezza: questa presa d’atto, formalizzata attraverso un verbale di condivisione del PGE stesso, è sufficiente per ritenere soddisfatto l’obbligo per l’Appaltatore di cui all’art. 18, comma 1, lettera b), D.lgs. 81/2008?”

Al riguardo occorre premettere che l’articolo 18 – Obblighi del datore di lavoro e del dirigente, comma 1, lettera b), del d.lgs. n. 81/2008 prevede che: “Il datore di lavoro, che esercita le attività di cui all’articolo 3, e i dirigenti, che organizzano e dirigono le stesse attività secondo le attribuzioni e competenze ad essi conferite, devono: (…) b) designare preventivamente i lavoratori incaricati dell’attuazione delle misure di prevenzione incendi e lotta antincendio, di evacuazione dei luoghi di lavoro in caso di pericolo grave e immediato, di salvataggio, di primo soccorso e, comunque, di gestione dell’emergenza”.

L’art. 43, comma 2, del d.lgs. n. 81/2008 prevede, inoltre, che “ai fini delle designazioni di cui al comma 1, lettera b) – ossia dei lavoratori di cui all’articolo 18, comma 1, lettera b) – il datore di lavoro tiene conto delle dimensioni dell’azienda e dei rischi specifici…”.

In considerazione, dunque, di quanto previsto dal citato articolo 43, comma 2, del d.lgs. n. 81/2008 il numero degli addetti non può essere aprioristicamente determinato, in quanto la designazione dei lavoratori incaricati dell’attuazione delle misure di prevenzione incendi e lotta antincendio, di evacuazione dei luoghi di lavoro in caso di pericolo grave e immediato, di salvataggio, di primo soccorso e, comunque, di gestione dell’emergenza, deve avvenire sulla base degli esiti della valutazione dei rischi e del piano di emergenza, qualora sia previsto.

L’articolo 46, comma 4), del d.lgs. n. 81/2008 stabilisce che: “Fino all’adozione dei Decreti di cui al comma 3, continuano ad applicarsi i criteri generali di sicurezza antincendio e per la gestione delle emergenze nei luoghi di lavoro di cui al decreto del Ministro dell’interno in data 10 marzo 1998”.
Il citato decreto definisce “i criteri per la valutazione dei rischi di incendio nei luoghi di lavoro ed indica le misure di prevenzione e di protezione antincendio da adottare, al fine di ridurre l’insorgenza di un incendio e di limitarne le conseguenze qualora esso si verifichi” (art. 1, comma 1).

Il successivo articolo 5 prevede che:
“1. All’esito della valutazione dei rischi d’incendio, il datore di lavoro adotta le necessarie misure organizzative e gestionali da attuare in caso di incendio riportandole in un piano di emergenza elaborato in conformità ai criteri di cui all’allegato VIII.
2. Ad eccezione delle aziende di cui all’articolo 3, comma 2, del presente decreto, per i luoghi di lavoro ove sono occupati meno di 10 dipendenti, il datore di lavoro non è tenuto alla redazione del piano di emergenza, ferma restando l’adozione delle necessarie misure organizzative e gestionali da attuare in caso di incendio”.
Il piano di emergenza, in particolare, costituisce l’insieme di tutte le istruzioni, dei comportamenti e delle procedure da seguire in caso di emergenza, con specifico riferimento ai casi di lotta all’incendio e di evacuazione.
Lo scopo del piano di emergenza è, dunque, quello di ridurre le conseguenze di un incidente mediante l’uso razionale delle risorse umane e materiali disponibili. Il suddetto piano deve, quindi, contenere semplici e chiare indicazioni sulle modalità delle operazioni di pronto intervento in caso di pericolo.
Secondo quanto previsto dal menzionato allegato VIII del d.m. 10 marzo 1998, i fattori da tenere presenti nella compilazione del piano di emergenza e da includere nella stesura dello stesso sono:

“- le caratteristiche dei luoghi con particolare riferimento alle vie di esodo;
– il sistema di rivelazione e di allarme incendio;
– il numero delle persone presenti e la loro ubicazione;
– i lavoratori esposti a rischi particolari;
– il numero di addetti all’attuazione ed al controllo del piano nonché all’assistenza per l’evacuazione (addetti alla gestione delle emergenze, evacuazione, lotta antincendio, pronto soccorso);
– il livello di informazione e formazione fornito ai lavoratori”.

Riguardo, infine, all’articolo 26 del d.lgs. n. 81/2008, come già espresso nella risposta all’interpello n. 6/2013 del 2 maggio 2013, “…ai sensi dei commi 1 e 2 in capo al datore di lavoro committente gravano i seguenti obblighi:
1) verificare, anche attraverso l’iscrizione alla camera di commercio, industria e artigianato, l’idoneità tecnico professionale delle imprese appaltatrici o dei lavoratori autonomi in relazione ai lavori da affidare in appalto o contratto d’opera;
2) fornire agli stessi soggetti dettagliate informazioni sui rischi specifici esistenti nell’ambiente in cui sono destinati ad operare e sulle misure di prevenzione e di emergenza adottate in relazione alla propria attività;
3) promuovere, in particolare:
– la cooperazione all’attuazione delle misure di prevenzione e protezione dai rischi sul lavoro incidenti sull’attività lavorativa oggetto dell’appalto;
– il coordinamento degli interventi di protezione e prevenzione dai rischi cui sono esposti i lavoratori, informandosi reciprocamente anche al fine di eliminare rischi dovuti alle interferenze tra i lavori delle diverse imprese coinvolte nell’esecuzione dell’opera complessiva.

Il comma 3 dell’articolo 26 impone, inoltre, al datore di lavoro, l’obbligo di promuovere la cooperazione e il coordinamento elaborando un unico documento di valutazione dei rischi (di seguito, DUVRI), il quale deve essere allegato al contratto d’appalto o d’opera, che indichi le misure adottate per eliminare o, ove ciò non è possibile, ridurre al minimo i rischi da interferenze. Tale documento, per espressa previsione legislativa, non trova applicazione con riferimento ai “rischi specifici propri dell’attività delle imprese appaltatrici o dei singoli lavoratori autonomi”; ciò in quanto evidentemente il Legislatore, in relazione a tali rischi, da considerare “tipici” dell’attività dell’impresa o dei lavoratori autonomi, non ne ritiene – ferma restando l’applicazione delle disposizioni di cui ai commi 2 e 3 dell’articolo in questione – necessaria la puntuale identificazione in un documento.

Al riguardo (cfr. Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici, Determinazione 5 marzo 2008, n. 3, in Gazzetta Ufficiale, 15 marzo 2008) va evidenziato che è possibile parlare d’interferenza ove si verifica un “contatto rischioso” tra il personale del datore di lavoro committente e quello dell’appaltatore o tra il personale di imprese diverse che operano nella stessa sede aziendale con contratti differenti. In linea di principio, in altre parole, occorre mettere in relazione i rischi presenti nei luoghi in cui verrà espletato il lavoro, servizio o fornitura con i rischi derivanti dall’esecuzione del contratto, con la conseguenza che il DUVRI dovrà essere redatto solo nei casi in cui esistano interferenze. Inoltre, resta inteso che nel documento in parola non devono essere riportati i rischi propri dell’attività delle singole imprese appaltatrici o dei singoli lavoratori autonomi, in quanto trattasi di rischi per i quali resta immutato l’obbligo dell’appaltatore di redigere un apposito documento di valutazione del rischio e di provvedere all’attuazione delle misure necessarie per ridurre o eliminare al minimo tali rischi.”

Sulla base di tali elementi la Commissione ritiene opportuno ricordare, in via preliminare, come la stessa sia tenuta unicamente a rispondere a “quesiti di ordine generale sull’applicazione della normativa di salute e sicurezza sul lavoro” (in questo, inequivoco, si veda l’articolo 12 del d.lgs. n. 81/2008), non potendo pronunciarsi sulla correttezza delle modalità in base alle quali le singole aziende attuino le disposizioni in materia di salute e sicurezza sul lavoro oggetto, eventualmente, di specifico accertamento in sede ispettiva.

Per tale ragione, non si considerano, in questa sede, le richieste di ANIP volte ad ottenere indicazioni sulla coerenza di determinate soluzioni organizzative alle norme di legge.
Per quanto, invece, attiene agli obblighi generali di cui all’articolo 18, comma 1, lettera b), del d.lgs. n. 81/2008, non vi è dubbio che anche il datore di lavoro che operi presso i luoghi di lavoro di un soggetto committente sia tenuto all’adempimento degli stessi obblighi relativi a rischi specifici della propria attività suscettibili di dare luogo a situazioni di emergenza come – ad esempio – nel caso di utilizzo di sostanze, attrezzature o materiali pericolosi.

D’altra parte, in considerazione di quanto previsto dal successivo art. 26, comma 1, lettera b), del medesimo decreto legislativo, il datore di lavoro committente, in caso di affidamento di lavori ad imprese appaltatrici o a lavoratori autonomi all’interno della propria azienda, deve fornire “agli stessi soggetti dettagliate informazioni sui rischi specifici esistenti nell’ambiente in cui sono destinati ad operare e sulle misure di prevenzione e di emergenza adottate in relazione alla propria attività”.

Inoltre, i datori di lavoro, committenti, appaltatori e subappaltatori, devono cooperare ad attuare le misure di prevenzione e protezione e sono tenuti a coordinare gli interventi, anche informandosi reciprocamente (cfr. art. 26, comma 2, d.lgs. n. 81/2008).

Tanto premesso, la Commissione ritiene che la gestione delle emergenze debba essere intesa come un processo di cui tutti i datori di lavoro, committenti, appaltatori e subappaltatori, sono compartecipi, fermo restando il ruolo di promotore del committente e l’obbligo per l’appaltatore di attenersi alle procedure operative conseguenti alla predetta cooperazione.


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